Una famiglia radicale by Sconosciuto

Una famiglia radicale by Sconosciuto

autore:Sconosciuto
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: 9788849874365
editore: Rubbettino Editore
pubblicato: 2022-12-29T14:10:27+00:00


10.

Il ’68 era cominciato con una forte carica libertaria. Le università ribollivano, e a Roma a maggio ci furono i famosi scontri alla facoltà di architettura di Valle Giulia. Io ero istintivamente dalla parte di quegli studenti così perbene (tutti in giacca e cravatta, pochissimi i capelloni) e così ribelli. Franco però aveva subito criticato il pressapochismo politico e culturale del movimento; avevamo litigato, io naturalmente avevo avuto la peggio, ma non mi ero piegata. Sulle questioni che non mi riguardavano personalmente ero capace di tenergli testa, anche sapendo che non avevo gli strumenti per ribattere adeguatamente. Almeno, però, papà non stava con Pasolini, non si scagliava contro gli studenti borghesi, in difesa dei poliziotti figli del popolo: era contrario alla violenza, punto e basta, a maggior ragione se esercitata dalle istituzioni. Quando, l’anno successivo, la mobilitazione investì i licei, mio padre non si smentì, e ritrovammo un momento di assoluta sintonia. Era il giorno del mio compleanno, ero andata a scuola con una deliziosa minigonna nuova, e all’uscita dovevo raggiungere i miei in un noto ristorante del centro. Papà ormai per festeggiarmi non mi faceva più regali, ma mi portava nel suo locale preferito, il Bolognese, ordinava champagne e mi faceva trovare sul tavolo un grande mazzo di sfolgoranti rose rosse. Al Tasso, dove era stata indetta dal collettivo studentesco la prima assemblea aperta agli esterni, trovai ressa e confusione. Mentre cercavo di capire cosa succedeva venni acchiappata dalla professoressa di lettere, che cercava di chiudere in classe, sotto la sua protezione, tutti quelli che trovava nei corridoi: «Il preside ha vietato l’assemblea e ha chiamato la polizia. Su, vieni in aula con me, è pericoloso restare qui» mi soffiò nelle orecchie, timorosa e materna.

Rivedo perfettamente la scena.

Sfuggo alla presa dell’insegnante e già sento urla, voci concitate, passi pesanti; irrompono i poliziotti, che cominciano subito a inseguirci per i lunghi corridoi del liceo, roteando i manganelli. Nel fuggi fuggi generale, mi blocco a guardare sbigottita un amico che scende le scale tenendosi la testa tra le mani, col sangue che corre vistosamente giù per il viso e sgocciola sui gradini. Il mio ragazzo mi strattona: «Corri, scema!». Corro con la mano nella sua, giusto in tempo per evitare una manganellata. Ci rifugiamo con altri in un’aula vuota del piano rialzato, sbarrando la porta con i banchi, ma è chiaro che non si tratta di un sistema difensivo molto efficace. Tutti cominciano a saltare dalla finestra, anche il mio amico, che mi urla dài, buttati, ti prendo io… Salgo sul davanzale e guardo giù, saranno due metri e mezzo. Rassegnata, scavalco, pensando: ma che compleanno di merda.

A pranzo i miei furono molto solidali, e io ero orgogliosa del mio papà progressista e libertario, che accusava il preside di essere un pazzo irresponsabile («Come cavolo si fa a chiamare la Celere per far caricare ragazzini quindicenni? Io questo lo denuncio») e che ordinava per me lo champagne.

Il nuovo che avanzava, dopo la prima ondata euforizzante, si assestò nell’ideologia marxista leninista, strutturandosi



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